Autore: Sig.ra Giuliana B.
Destinazione: Tour dell'Armenia
Periodo di viaggio: 23-30 giugno 2012
Tour dell'Armenia: un viaggio che commuove, una terra che tocca il cuore.
Mentre attraversavamo le vallate, mentre il nostro confortevole pullman si inerpicava su strade dissestate dal ghiaccio del lungo inverno e ci permetteva di raggiungere Monasteri e Chiese di straziante bellezza ed incuria desolante, confrontavamo
la nostra condizione di 'privilegiati' con le condizioni di vita di un popolo, che, nel corso dei secoli ha pagato un prezzo altissimo alla posizione strategica del proprio territorio.
L'Armenia, un tempo crocevia di passaggio delle carovane commerciali, lungo la Via della seta, è stretta attualmente tra Iran, Turchia, Arzebaigian, Georgia, ed ha problemi con ognuno di quelli che la nostra guida Kristina definiva 'vicini un po'
particolari'.
L'Armenia ha un territorio di circa trentamila chilometri quadrati, abitato da 3 milioni di abitanti, concentrati, per la maggior parte, nella capitale Yerevan.
La frontiera con la Turchia è chiusa ed i rapporti difficili (pesa il ricordo del Genocidio degli Armeni del 1915) ; aperta invece la frontiera con l'Iran con cui si mantengono rapporti commerciali.
Le relazioni commerciali e politiche con la Russia, attraverso la Georgia sono, per così dire, necessitate ( l'Armenia faceva parte, fino alla proclamazione dell'indipendenza nel 1991, dell'ex-Unione Sovietica) l'Arzebaigian divide l'antico paese
di religione cristiana dal Nagorno Karabakh, teatro di una guerra relativamente recente (dal 1991 al 1994), e rivendicato ancora dall'Armenia come territorio appartenente alla propria nazione.
La Georgia, infine, alla frontiera settentrionale, è un Paese con le sue inquietudini, anche se lo unisce all'Armenia la comune identità cristiana, in una regione prevalentemente musulmana.
Le persone che si incontrano lungo il percorso, nonostante un'eredità storica di invasioni e sopraffazioni ed un vissuto attuale estremamente difficile (il Paese è poverissimo, anche se ci sono, anche qui 'i nuovi ricchi' ) sono gentili ed accoglienti,
sanno ancora sorridere con semplicità al visitatore ed augurargli ogni bene.
Kristina, guida di grande competenza e disponibilità, ci ha fatto comprendere con pazienza e grande passione, la storia del proprio Paese, di antica tradizione cristiana: l'Armenia è la prima Nazione in cui, nel 301, il cristianesimo è divenuto religione
di Stato.
Vi è un grande amore per la cultura, una tradizione di conoscenza e studio, fin dalla più tenera età delle lingue straniere - esiste perfino una festa nazionale dedicata ai traduttori - un orgoglio per il proprio alfabeto, definito 'dono di Dio',
con lettere che sembrano parti di un ricamo.
Grande è la consapevolezza del valore del proprio patrimonio di testi rari (17.000 i libri antichi custoditi nella biblioteca dei manoscritti Matenadaran) salvati, in alcuni casi miracolosamente, dalla furia iconoclasta degli invasori turchi o dalla
sopraffazione ideologica sovietica e restaurati anche grazie agli 'Armeni della diaspora', presenti in tutto il mondo.
Molti i templi visitati, nelle varie escursioni effettuate partendo dalla capitale, ed impossibile citarli tutti : si può ricordare il Tempio di Garni, tempio romano del 1° secolo dedicato al Sole, il monastero di Geghard, scavato nella roccia e
degno di nota anche Khor Virap, famoso luogo di pellegrinaggi, con vista sul Monte Ararat, monte sacro per gli Armeni, ceduto dall'Unione sovietica alla Turchia.
E poi ancora il monastero di Novarak, di periodo medioevale e nella regione di Alaverdi le due 'perle' dei monasteri di Sanahin e Hagghpat, dichiarati Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco; ancora a 1400 metri la Fortezza di Ambert, definita 'Fortezza
tra le nuvole'e a Noraduz, il suggestivo Cimitero delle croci.
Un regalo inconsueto, al di fuori dei circuiti turistici, è quello che la nostra guida ci ha fatto ad Arenì: la visita di scavi archeologici con resti dal III° secolo a.c. al 1300: 16 secoli di reperti sovrapposti, scoperti per caso, all'interno delle
grotte.
Il momento più intenso dell'intero viaggio è stato però, senza dubbio, la visita al Museo e al Monumento del Genocidio, che ricorda 'il grande male': così gli Armeni chiamano il genocidio del loro popolo (morirono un milione e mezzo di persone, su due
milioni di abitanti), perpetrato dal governo dei Giovani Turchi, nel 1915/17.
Fra le innumerevoli foto, che documentano l'indicibile, quella che mostra probabilmente gli ultimi giorni di vita di una madre, nuda e scheletrica, seduta a terra sfinita, con accanto il proprio bambino, è quella che maggiormente ci colpisce.
Uno sguardo attonito e disperato, una domanda muta, a quasi cent'anni di distanza, ancora ci strazia.
Contempliamo l'orrore e ne rimaniamo a lungo turbati.
Dal Museo alcuni escono in fretta, altri quasi riluttanti, ammutoliti, sentendo su di sé il peso di appartenere allo stesso genere umano capace di simili nefandezze.
Eppure, nei pressi dell'uscita, la sorte offre a tutti un motivo di consolazione: seduta non molto lontano dall'immagine di questa maternità dolorosa, una ragazza, gli stessi tratti somatici della madre morente, attende di finire il proprio lavorio
di custode, uno sguardo di controllo ai visitatori ed un altro sfuggente al proprio cellulare, per leggere o scrivere qualche messaggio.
La sua mano si posa delicatamente sul ventre, ad accarezzare la rotondità che svela un parto ormai prossimo.
Un'immagine di forza e dolcezza, forse inconsapevole, che ci riconcilia in parte con la vita, capace di superare il dolore e di guardare avanti con coraggio, come questo popolo forte e gentile continua tenacemente a fare.
Giuliana B.